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IL TEMPIO DI SAN COSMA

A ridosso del borgo medievale, in un dedalo di vie e viuzze che non consentono a volte neppure il passaggio regolare di una persona, si trovano la chiesa e il convento intitolati ai SS. Medici Cosma e Damiano. Fatto edificare nel 1639 sul luogo di un monastero femminile e di una chiesa romanica (S. Matteo?) dal Guercio di Puglia, pare per un miracolo ricevuto, il tempio non presenta un esterno degno di interesse; nulla fa prevedere, tranne il leggiadro campanile, il fastoso spettacolo dell'interno, autentico trionfo del barocco e, ad un tempo, dei Santi anàrgiri.
Questa cappella gentilizia del Guercio è da considerarsi riduzione in scala della chiesa di S. Chiara di Napoli. Una leggenda racconta che i ceri accesi intorno al suo catafalco abbiano annerito il bel soffitto, oggi appena rischiarato da un buon restauro. La colossale opera fu ideata ed iniziata da Paolo Finoglio, ma completata dai suoi allievi (la chiesa fu, infatti, consacrata nel 1660 dal vescovo Giuseppe Palermo). Tra aggettanti cornici e plastici angioli in gesso si alternano, in serrata euritmia, interessanti tempere, alcune pregevoli altre meno, eseguite da mani diverse. In dieci scomparti sagomati sono raffigurati i miracoli ed il martirio dei SS. Medici, nell'undicesimo i santi taumaturghi che ascendono al cielo in compagnia di S. Francesco, S. Antonio e S. Chiara. Qualcuno ha anche parlato della collaborazione del figlio del grande pittore napoletano, ma documenti lo indicano col titolo di "capitaneus", non di pittore. Interessante il riquadro che rappresenta la carità di S. Elisabetta d'Ungheria, la regina terziaria patrona delle Terziarie che abitarono il monastero per quasi due secoli. Ai quattro angoli del soffitto campeggiano gli stemmi degli Acquaviva D'Aragona, a perenne memoria.
I sottarchi delle gallerie del matroneo sono opera di Cesare Fracanzano (XVII secolo) che aveva operato anche nella vicina chiesa di S. Benedetto. Sui monumentali altari barocchi, fra i più raffinati di Conversano, fanno bella mostra di sé splendide tele dello stesso Finoglio. A cominciare da destra entrando, e girando tutt'intorno, si ammirano: S. Domenico che ridona la vista ai ciechi, S. Rosa da Viterbo (?), lì battesimo di Cecilia e Valeriano, S. Antonio che libera il padre accusato di omicidio. La pala dell'altare maggiore è attribuita a Fr. Antonio Altobello, pittore bitontino del XVII secolo, allievo di Carlo Rosa. Un ultimo capolavoro del Finoglio, Il martirio di S. Gennaro, è sistemato nell'ambulacro del chiostro. Il campanile, agile ed armonioso, è strutturato in mattoni cotti e concluso con un cupolino di foggia moresca; si dice che almeno il suo disegno sia opera del Finoglio. Sulla porta d'ingresso della chiesa e su quella del monastero il Guercio fece collocare gli stemmi in pietra del suo casato; successivamente, in seguito all'abolizione della feudalità nel Regno delle Due Sicilie (decreto firmato da Giuseppe Bonaparte il 2 luglio 1806), durante una sommossa popolare, lo stemma della chiesa venne asportato (se ne vede ancora l'alloggiamento) mentre quello del monastero fu picconato.

Oggi la chiesa (affidata nel 1912 dal vescovo Lamberti alle Suore Crocifisse Adoratrici che la curano con molto decoro) è assurta al rango di Santuario grazie al particolare culto riservato a Santa Rita da Cascia, per la cui canonizzazione risultò decisivo un miracolo avvenuto in Conversano.

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